ho chiesto al mio collaboratore giuridico, Dott. Gabriele Fiorentini, di illustrare agli utenti del blog il contenuto della sentenza su Uber di cui si sta parlando in questi giorni. Vi allego, a seguire, la sua nota.
La sentenza emessa nel giudizio di opposizione n. 8135/14 RG dall'Avv. Gualandi, Giudice di Pace di Genova, e depositata in data 16/02/2015, ha recentemente conquistato le pagine dei giornali. Il procedimento è stato instaurato da F.F., un autista di UberPop, avverso un verbale di accertamento di sanzione amministrativa.UberPop è un servizio di intermediazione, svolto attraverso un'applicazione e una connessa piattaforma telematica, che mette in contatto la domanda e l'offerta di trasporto privato. A differenza dell'ordinario servizio Uber, gli autisti non sono dei professionisti, ma dei privati. Almeno formalmente, il servizio presenta caratteristiche affini al carpooling.Nel caso oggetto della citata sentenza, la Polizia Locale ha sanzionato l'autista per violazione dell'art. 86 del Codice della Strada. Il comma 2 del citato articolo punisce "chiunque, senza avere ottenuto la licenza prevista dall'articolo 8 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, adibisce un veicolo a servizio di piazza con conducente o a taxi". Il Giudice di Pace ha accolto il ricorso, annullando il verbale, in quanto non sussisterebbero gli elementi costitutivi dell'infrazione di cui all'art. 86 C.d.S.. Ricorrerebbero, invece, gli estremi dell'infrazione - non contestata dai vigili - di cui all'art. 85, comma 4, della medesima legge, che punisce, inter alia, "chiunque adibisce a noleggio con conducente un veicolo non destinato a tale uso".L'accoglimento del ricorso, quindi, non proverebbe la legittimità di UberPop. Al contrario, secondo la motivazione, gli autisti di UberPop svolgerebbero un servizio di noleggio con conducente abusivo, in difetto della prevista autorizzazione. Il giudice Gualandi ha infatti ritenuto che il trasporto effettuato tramite contatto telefonico del cliente con piattaforma Uber costituisca un servizio di NCC ai sensi degli artt. 3 e 13 della L. n. 21 del 1992. Tale conclusione discenderebbe dalla natura di servizio con prenotazione di UberPop, dal fatto che la tariffa sia rimessa alle parti e non stabilita dall'autorità, dal fatto che il cliente possa scegliere la propria vettura e dal fatto che il servizio di trasporto sia destinato a una clientela specifica e non indifferenziata. Il GDP elenca, a supporto della sua conclusione, diverse sentenze italiane e non, fra cui le sentenze della Cassazione n. 22296/2010 e n. 23341/2009 e della Corte di Giustizia delle Comunità Europee C-454/12 e C-455/12.I riferimenti giurisprudenziali citati non sono, invero, determinanti, ed è probabilmente troppo presto per poter affermare con certezza che il servizio UberPop vada inquadrato come servizio NCC abusivo. La tesi del GDP di Genova è però condivisibile, con alcune precisazioni. Risulta corretto inquadrare UberPop nell'ambito dell'art. 85 C.d.S. piuttosto che nel successivo art. 86 C.d.S.. Il fatto che sia necessaria l'iscrizione a un'apposita piattaforma, lo scarimento di un programma e una prenotazione per via telematica del veicolo, il quale ovviamente non dispone delle piazzole di sosta taxi, porta a propendere per tale soluzione. UberPop si presenta, poi, come alternativa meno lussuosa, più economica, ma non strutturalmente dissimile all'ordinario servizio Uber. Quest'ultimo risulta svolto, in Italia e non solo, esclusivamente da NCC. Può in effetti osservarsi come l'immagine ideale distintiva del servizio sia proprio il veicolo nero con autista in giacca e cravatta.D'altra parte, come evidenziato sopra, UberPop presenta caratteristiche affini al carpooling. Quest'ultimo può essere definito come la condivisione di un veicolo con altri individui, da parte del proprietario dello stesso e per un determinato tragitto, in cambio di un rimborso delle spese di viaggio. Tale pratica, che in Italia non è ancora particolarmente diffusa, era un tempo principalmente limitata alla sfera delle proprie conoscenze. Tipico era il caso di colleghi di lavoro che, abitando vicino, si organizzavano per recarvisi con il veicolo di uno solo di essi. Con la diffusione di internet e degli smartphone, sono sorte numerose piattaforme telematiche di intermediazione, fondate su rating e capaci di creare un patrimonio di fiducia tale da consentire la diffusione del carpooling tra estranei.A oggi, l'ordinamento italiano non ha una propria definizione di carpooling, e non esistono norme espresse che ne definiscano gli spazi di legittimità. Ciò non significa però che esso sia illecito; attraverso un'interpretazione sistematica si può ricondurre tale pratica a una forma lecita di "uso proprio" del veicolo. Ma qual'è il criterio per distinguere tale forma lecita di carpooling da forme di esercizio abusivo di servizi di NCC? Il criterio più idoneo è quello del fine di lucro. Si potrà parlare di carpooling laddove l'autista ottenga, a fronte del trasporto fornito, un rimborso spese, comprensivo eventualmente non solo delle spese variabili ma anche di quelle fisse. Interessante, a tal proposito, è l'arrêt n. 11-21980 emesso il 12/03/2013 dalla Camera Commerciale della Corte di Cassazione francese. Come nel nostro ordinamento, anche in Francia manca un'espressa definizione normativa del c.d. covoiturage, ma ciò non ha impedito alla Suprema Corte transalpina di affermarne la liceità, nei limiti in cui la remunerazione dell'autista non superi la divisione dei costi, comprensivi, tra l'altro, delle spese di benzina, dei pedaggi, dell'assicurazione e anche dell'usura del mezzo.In ultima analisi, quindi, è necessario verificare attentamente la remunerazione ottenuta dagli autisti di Uberpop, per verificare se essa possa ricondursi a un rimborso spese - pur inteso in senso relativamente ampio, comprensivo dell'ammortamento e magari anche delle spese di gestione del servizio. Il fatto stesso che la retribuzione degli autisti UberPop sia calcolata "al minuto" risulta problematico. Almeno in determinati casi, ciò potrebbe determinare il pagamento di somme superiori alle spese effettivamente sostenute, e l'autista si renderebbe così responsabile dell'infrazione prevista dall'art. 85, comma 4, C.d.S.
Come vedete. stiamo studiando attentamente la questione e i suoi profili problematici. Come vice-presidente della Commissione Trasporti, ritengo che la politica non possa esimersi ulteriormente da un intervento. L'assetto normativo dei servizi di trasporto non di linea si sta rivelando sempre più inadatto alla regolazione del settore, anche e soprattutto alla luce dell'evoluzione tecnologica. Attendo fiducioso l'esito dell'attività istruttoria dell'ART. Ho già esposto quelle che, secondo me, dovranno essere le linee guida della futura disciplina. Adesso è il tempo di riflettere a delle proposte di lungo termine, adatte non solo alle città di oggi, ma anche a quelle di domani.
Ivan Catalano
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